Ieri, 1° maggio 2015, la prima dell’esecuzione della Settima sinfonia di Mahler presso l’Auditorium di largo Mahler a Milano con replica domani 3 maggio.
La “Settima” è tra le più difficili e complesse delle nove sinfonie di Mahler; malgrado l’autori vi lavori già a partire dal 1904, in particolare partendo dalle due Nactmusiken, viene rappresentata per la prima volta a Praga solo nel 1908 ottenendo uno scarso successo di pubblico. Essa è però ricca di invenzioni armoniche e impasti orchestrali di grande valore espressivo. Infatti, ciò che colpisce subito all’ascolto di questa Sinfonia è la varietà della strumentazione e la ricerca di timbri particolarmente inusuali.
L’esecuzione di ieri inoltre ci ha restituito bene quel procedimento di straniamento e di richiamo della memoria, che è tipico della creatività mahleriana. In particolare il terzo tempo (Scherzo), evocativo di un valzer viennese, è stato reso in modo spettrale, in tutta la sua sinistra cupezza e ha fatto rabbrividire con le sue visioni d’orrore. Notevole anche l’esecuzione delle due Nactmusiken (secondo e quarto tempo) in cui è stata resa bene la ricchezza di idee e la sperimentazione timbrica tesa ad evocare l’atmosfera notturna.
La direzione del maestro Axelrod è stata molto convincente ed è riuscita ad analizzare e caratterizzare bene i numerosi temi contrastanti di questo imponente lavoro orchestrale.
Malgrado la complessità e la cupezza di quest’opera generalmente non gratifichi il pubblico, quest’ultimo ha dimostrato di apprezzare l’esecuzione e ha rivolto un caloroso e scrosciante applauso a tutta l’orchestra; la bontà della performance, malgrado l’innovatività della musica stupisca ancora ad un secolo di distanza, ha colpito davvero gli ascoltatori.

Viaggiatore iperattivo, tenta di sempre di confondersi con la popolazione indigena.
Amante della lettura, legge un po’ di tutto. Dai cupi autori russi, passando per i libertini francesi, attraverso i pessimisti tedeschi, per arrivare ai sofferenti per amore, inglesi. Tra gli scrittori moderni tra i preferiti spiccano Roddy Doyle, Nick Hornby e Francesco Muzzopappa.
Melomane vecchio stampo: è chiamato il fondamentalista del Loggione. Ama il dramma verdiano così come le atmosfere oniriche di Wagner. L’opera preferita tuttavia rimane la Tosca.