Entro nella sala e mi trovo davanti a uno spettacolo che mi toglie il respiro. Un set circolare punteggiato da pali di maggio, avvolti in fogliame naturale e sughero, domina lo spazio come un tempio pagano risorto nel cuore di Parigi. L’aria è carica di aspettativa, e intorno a me riconosco volti noti: FKA Twigs, The Last Dinner Party. Tutti siamo qui per assistere alla visione di Seán McGirr per la Spring Summer 2026 di Alexander McQueen, la sua prima collezione completamente dedicata alla donna dopo tre sfilate coed.

Il battito del mio cuore accelera quando le luci si abbassano. Richiami di uccelli e il suono delicato della pioggia echeggiano nello spazio, creando un’atmosfera che oscilla tra il naturale e il soprannaturale. Sono pronta a lasciarmi trasportare.

The Wicker Man: quando il desiderio incontra il folklore

McGirr ha trovato la sua musa in “The Wicker Man”, il film horror folk britannico del 1973 ambientato su un’isola scozzese fittizia dove i residenti praticano una forma di paganesimo celtico. Guardo le prime modelle sfilare e capisco immediatamente il riferimento: c’è qualcosa di selvaggio e controllato allo stesso tempo, una tensione erotica che permea ogni look.

Le giacche militari britanniche vengono reinventate con tagli asimmetrici e dettagli corsetto, trasformando l’uniforme in strumento di seduzione. Una camicia da divisa di poliziotto blu viene sessualizzata con un corsetto, sovvertendo ogni simbolo di autorità. È precisamente questa ribellione incarnata nel tessuto che mi fa sentire viva, testimone di qualcosa che va oltre la moda.

Il ritorno del bumster: audacia made in McQueen

E poi arriva lui: il bumster. I pantaloni a vita ultra bassa, una delle creazioni più iconiche di Alexander McQueen, sono il fondamento della collezione primaverile di McGirr. Li vedo abbinati a tutto: giacche militari, corsetti con balze, top in cotta di maglia accorciati. La silhouette è inconfondibile, provocatoria, carica di una sensualità disinvolta che definisce un’epoca.

McGirr ha lavorato le linee della vita sinuose anche in gonne, shorts a fascia e pantaloni cargo, alcuni con zip aperte per un’esposizione aggiunta. Quando Alex Consani appare in passerella con una versione in pizzo rosso, mi rendo conto che il bumster non ha perso il suo potere di far girare le teste. È attitudine pura, forza e vulnerabilità intrecciate in un unico gesto stilistico.

Tra pragmatismo e fantasia: la donna McQueen si trasforma

Questa collezione segna un cambio di direzione strategico. McGirr ha posto un’enfasi crescente sul daywear, dimostrando che la donna McQueen non vive solo di red carpet, ma abita anche le strade con la stessa intensità drammatica. Le gonne a matita si declinano in molteplici fabricazioni: denim bianco sfilacciato, jacquard floreale sbiadito, pelle nera tempestata di anelli e frange.

Gli abiti stampati con rose rosse incandescenti vengono tagliati audacemente sul fianco o allacciati con corsetti, mentre i piumini presentano vita a V per lasciare respirare i fianchi. C’è un’intelligenza pragmatica in questi pezzi, una comprensione del mercato che non compromette mai la visione artistica.

Il gran finale: liberazione in piume e acquerelli

Ma è nel finale che McGirr mi lascia senza parole. Un abito dorato con paillettes e canottiera, impreziosito da balze in piume bianche svolazzanti, apre la strada a quello che diventa il momento più poetico della serata. Poi appare lei: uno spettacolare abito paracadute in stampa acquerello, che McGirr ha descritto come simbolo di liberazione.

Mi sporgo dalla mia seduta per cogliere ogni dettaglio. McGirr ha indicato un particolare nascosto all’interno del motivo: due coccinelle in amoroso amplesso, ispirate da una scena del film dove tutti gli insetti iniziano ad accoppiarsi. È folle, è geniale, è esattamente il tipo di ossessione per il dettaglio che avrebbe fatto sorridere Alexander McQueen stesso.

Mentre l’ultima modella scompare dietro i pali di maggio, realizzo di aver assistito a qualcosa di più di una sfilata. È stata un’invocazione, un rituale che ha evocato il primitivo e il sofisticato, il sacro e il profano. McGirr ha dimostrato che la maison può guardare al futuro onorando il passato, trasformando l’heritage in qualcosa di visceralmente contemporaneo.

La musica di AG Cook sfuma nel silenzio. Gli applausi esplodono. E io so già che questa collezione diventerà una di quelle da ricordare, un momento in cui la moda ha osato chiederci: dove vive la nostra parte selvaggia in un mondo che esige controllo?