Entro nella sala avvolta dall’oscurità con un bastoncino luminoso in mano, l’invito più insolito che abbia mai ricevuto per una sfilata. L’atmosfera è densa, quasi sospesa, come se Alessandro Michele avesse voluto privarci delle nostre certezze visive per costringerci a guardare davvero. Non è un capriccio scenografico: è una dichiarazione d’intenti che diventerà chiara solo quando le prime modelle inizieranno a muoversi nell’oscurità, illuminate da fasci di luce che danzano come lucciole nella notte.
La ricerca poetica di Alessandro Michele tra Pasolini e Valentino Garavani
Il direttore creativo mi aveva confidato, durante l’anteprima, di aver attraversato un momento di profonda riflessione sul senso del suo lavoro. In un’epoca in cui molte persone faticano semplicemente a sopravvivere, che significato può avere la moda? La risposta l’ha trovata in una lettera di Pier Paolo Pasolini scritta durante la Seconda Guerra Mondiale, dove il poeta descriveva la gioia di vedere le lucciole. Per Michele, quel bagliore nella notte è diventato la metafora perfetta: cercare la magia, ritrovare quell’incantesimo che sentiva quando ha iniziato a disegnare, quando ogni matita, ogni incontro, ogni tessuto sembrava contenere una promessa di meraviglia.
La collezione di ottanta look ha attinto all’esistenza edonistica del fondatore Valentino Garavani nella Roma dei primi anni Ottanta, un periodo di splendore e leggerezza che Michele ha distillato attraverso camicette con maniche a sbuffo, giacche decorate con fiocchi e gonne a matita. Ma c’è qualcosa di diverso rispetto alle sue precedenti collezioni: uno spogliamento volontario del suo consueto massimalismo, una ricerca di essenzialità che mette finalmente il focus sui vestiti piuttosto che sull’allestimento scenografico.
Le silhouette tra rigore e devozione estetica
Osservo le modelle sfilare con i capelli quasi non acconciati, il trucco minimalista, e comprendo la scelta radicale di Michele. Le silhouette parlano con delicatezza ma con convinzione: abiti tagliati in sbieco che scivolano sotto giacche strutturate, veli di pizzo abbinati a tagli sartoriali impeccabili, smock intricati che incontrano drappeggi monastici. È una conversazione tra rigore e sensualità, tra disciplina formale e abbandono emotivo.
I capi spaziano da classici elevati – una giacca a vento con stampa zebrata, completi con pieghe stirate con precisione – fino a giacche e shorts riccamente decorati con paillettes, molti realizzati in combinazioni cromatiche intriganti. Vedo passare un azzurro polveroso accostato al chartreuse, un giallo senape che dialoga con il viola profondo. Sono accostamenti audaci che raccontano di una ricerca cromatica sofisticata, lontana dalle facili armonie.
La palette devozionale e i tessuti che catturano la luce
La palette racconta una storia: avorio color luce di candela, granato sbiadito, ori devozionali. Ogni tonalità porta con sé una memoria senza scivolare nella nostalgia. I tessuti illuminano lo spazio buio: pizzo, tulle, paillettes e perline dialogano con sete che catturano ogni raggio di luce come fossero piccole lucciole materializzate nel tessuto stesso. Le collane statement e gli orecchini chandelier attirano lo sguardo, lampi luminosi che attraversano la penombra.
Alcuni look da sera raggiungono un’opulenza quasi barocca, pur mantenendo una compostezza che Michele ha imparato a coltivare. C’è un vestito in velluto lilla con drappeggio su una spalla sola che, nella luce fioca, crea un gioco di ombre e volumi che mi ipnotizza. Altri capi, come le giacche con arricciature elaborate, dimostrano il dialogo profondo che Michele ha stabilito con l’atelier Valentino: meno sacerdotale, più poetico.
La filosofia della bellezza come atto di resistenza
Quello che mi colpisce di questa collezione è la sua natura meditativa. Michele ha trovato comunione con l’atelier e la collezione chiede, quasi gentilmente, se il vero lusso della moda oggi possa essere la contemplazione stessa. In un momento storico in cui il direttore creativo confessa di sentirsi in una fase più sobria, la scelta di ridurre gli eccessi e raffinare la narrativa diventa un gesto di coraggio.
“L’idea di bellezza a volte sembra superficiale, ma non lo è”, mi aveva detto Michele. “Ognuno deve cercare di fare qualcosa nel proprio campo per spingere l’idea di vita, bellezza e luce. Non mi arrenderò mai”. Quelle parole risuonano mentre guardo l’ultima modella scomparire nell’oscurità, lasciando dietro di sé solo la scia luminosa del tessuto.
La maturità di una visione tra eccesso e disciplina
Dopo due stagioni, la Valentino di Alessandro Michele si è trasformata in qualcosa di più convincente di un esperimento estetico: è uno scambio filosofico. Se il debutto cercava di provare appartenenza, questa stagione esplora cosa significhi davvero appartenere. Michele non ha abbandonato il suo linguaggio; lo ha tradotto nell’idioma di Valentino, dove il sentimento viene scolpito nella forma.
La collezione rivela una verità che forse era sempre stata presente: i codici di Michele e la visione originale di Valentino Garavani erano destinati a convergere. Entrambi i designer trattano la bellezza come un atto di fede, l’ornamento come emozione, il mestiere come atto morale. Dove Garavani cercava il glamour, Michele cerca la grazia – e in questo slittamento semantico risiede l’anima di questa nuova Valentino.
Uscendo dalla sala, con il bastoncino luminoso ancora in mano, comprendo il significato di quell’invito insolito. In un mondo che sembra aver perso la capacità di meravigliarsi, Michele ci chiede di disarmare gli occhi e risvegliare lo sguardo. Le lucciole di Pasolini non erano solo insetti luminosi, ma simboli di resilienza e bellezza che persistono anche nell’oscurità. E in questa collezione Spring Summer 2026, Valentino ci ricorda che la moda, quando è autentica, può ancora essere quella luce che guida nel buio.

Il mio sport preferito è imbucarmi alle sfilate di moda.
Racconto con passione le tendenze che scandiscono il ritmo del mondo contemporaneo. Attraverso i miei articoli, esploro il connubio tra creatività e innovazione, dando voce a stilisti emergenti e grandi nomi della scena internazionale. Amo analizzare non solo gli abiti e gli accessori, ma anche i contesti culturali e sociali che ne influenzano l’evoluzione. Il mio obiettivo è offrire ai lettori insight esclusivi e storie appassionanti che raccontano il dietro le quinte delle sfilate, le ispirazioni dei designer e le nuove frontiere del design. Con uno sguardo attento e uno stile narrativo coinvolgente, trasformo ogni pezzo in un racconto unico, capace di ispirare e informare chi ama vivere la moda come forma d’arte e espressione personale.




































