Il 22 luglio 2025, il Parco della Musica di Milano si trasformerà nell’epicentro dell’energia rock più pura quando The Who saliranno sul palco per una delle date più attese dell’estate italiana. Dopo due anni dalla loro straordinaria esibizione al Firenze Rocks 2023, Pete Townshend e Roger Daltrey sono pronti a riaccendere quella fiamma che per oltre sessant’anni ha illuminato il panorama musicale mondiale.

La band britannica ha scelto due location storiche per il loro ritorno nel Belpaese: domenica 20 luglio allo Stadio Euganeo di Padova e martedì 22 luglio all’Ippodromo SNAI San Siro di Milano. Un doppio appuntamento che promette di essere memorabile per tutti gli appassionati del rock più autentico, quello che ha saputo attraversare generazioni senza mai perdere la sua forza dirompente.

Dalle strade di Londra al rock olimpo mondiale

Le origini dei The Who risalgono alla fine degli anni ’50, quando Roger Daltrey mise in piedi un gruppo skiffle chiamato Detours con i compagni di scuola. John Entwistle entrò al basso nel 1961 e l’anno seguente chiamò Pete Townshend. Quello che iniziò come un esperimento adolescenziale nelle strade di Shepherd’s Bush si trasformò rapidamente in qualcosa di molto più grande e rivoluzionario.

La formazione storica che ha definito il sound e l’identità della band prese forma nel 1964: Pete Townshend alla chitarra e autore della maggior parte delle canzoni, Roger Daltrey alla voce, John Entwistle al basso elettrico e Keith Moon alla batteria. Questa combinazione esplosiva di talenti avrebbe ridefinito per sempre i confini del rock, introducendo elementi teatrali, violenza scenica e un’intensità emotiva senza precedenti.

Il nome “The Who” nacque quasi per caso, ma si rivelò profetico nella sua semplicità interrogativa. Chi erano questi quattro ragazzi che stavano per scuotere il mondo della musica? La risposta arrivò con una serie di performance che divennero leggendarie per la loro energia devastante e per la tendenza di Townshend a distruggere gli strumenti sul palco, un gesto che divenne il simbolo della ribellione giovanile degli anni ’60.

L’alchimia esplosiva di Townshend e Daltrey

Il rapporto tra Pete Townshend e Roger Daltrey rappresenta una delle dinamiche più affascinanti della storia del rock. Due personalità completamente diverse che hanno saputo creare una sinergia musicale irripetibile. Quando i Detours arrivarono alla fine, il cantante decise di non voler più essere il chitarrista principale, costringendo Townshend a uscire dalla sua zona di comfort. Questa decisione si rivelò fondamentale per la nascita del sound inconfondibile della band.

Townshend, l’intellettuale tormentato del gruppo, divenne il maestro della chitarra distruttiva, mentre Daltrey si trasformò in una delle voci più riconoscibili del rock mondiale. La loro relazione non è stata sempre idilliaca. Nella sua autobiografia “Thanks a Lot Mr Kibblewhite: My Story”, Roger Daltrey racconta di una rissa avvenuta nel 1973, mentre la band si stava preparando per il tour dell’album Quadrophenia, nata a causa di tensioni in studio di registrazione.

Questi contrasti, lungi dal distruggere la band, hanno alimentato quella tensione creativa che ha reso ogni loro performance un evento unico e imprevedibile. Sul palco, le loro differenze si trasformavano in pura magia sonora, con Daltrey che faceva roteare il microfono come un’arma e Townshend che trasformava la sua chitarra in uno strumento di guerra contro il silenzio del conformismo.

I pionieri del rock teatrale e dell’opera rock

The Who non sono stati semplicemente una band rock, ma veri pionieri di un nuovo linguaggio artistico. Furono tra i primi a concepire il rock come forma di teatro totale, dove la musica si fondeva con elementi visivi, narrativi e performativi. “Tommy” del 1969 e “Quadrophenia” del 1973 rappresentano due pietre miliari nella storia della musica popolare, opere complesse che hanno dimostrato come il rock potesse affrontare temi profondi e universali.

Durante la sua carriera, Townshend ha suonato e distrutto una grande varietà di chitarre, dai primi giorni con la Emile Grimshaw SS De Luxe, alle Rickenbacker a sei e dodici corde. Ogni strumento distrutto sul palco non era un gesto gratuito, ma una forma di liberazione artistica, un modo per spezzare le catene della tradizione e creare spazio per l’innovazione.

La band ha anticipato molte delle tendenze che avrebbero dominato il rock negli anni successivi: l’uso di sintetizzatori, la teatralità delle performance, l’integrazione di elementi multimediali nei concerti. Hanno trasformato ogni esibizione in un evento totalizzante, dove il pubblico non era semplice spettatore ma parte attiva di un rituale collettivo.

L’eredità immortale di una generazione ribelle

Sessant’anni dopo la loro nascita, The Who continuano a rappresentare l’essenza più pura del rock and roll. Hanno attraversato mode e tendenze, sopravvissuto alla perdita di membri storici come Keith Moon e John Entwistle, reinventandosi continuamente senza mai tradire la loro identità originale. La loro musica è diventata colonna sonora di movimenti sociali, film iconici e momenti storici che hanno definito la cultura occidentale.

Il concerto del 22 luglio al Parco della Musica non sarà semplicemente un evento musicale, ma un viaggio nella memoria collettiva di generazioni che hanno trovato nella musica dei The Who la voce della propria ribellione. Brani come “My Generation”, “Behind Blue Eyes”, “Won’t Get Fooled Again” e “Baba O’Riley” risuoneranno come inni di una libertà che non conosce età né confini temporali.

Nonostante le recenti tensioni interne, come l’uscita controversa del batterista Zak Starkey, che Pete Townshend ha definito “un disastro”, la band dimostra ancora una volta la propria capacità di rigenerarsi e continuare a portare sul palco quella energia primordiale che li ha resi immortali.

Milano si prepara ad accogliere due leggende viventi che hanno fatto della musica non solo una professione, ma una missione esistenziale. In una sera d’estate, il Parco della Musica diventerà il tempio dove celebrare l’eternità del rock and roll, dove ogni nota suonata sarà un ponte tra passato e futuro, tra memoria e speranza.