Sono come fotografie, tutti quegli istanti della memoria, …….. Li posso toccare, fotografati nella mia testa, mentre i capelli volano e il viso si appiccica di sale.
A volte penso che avrei voluto parlarci di più, con i miei fratelli. Raccontare loro quello che sentivo, quello che mi sarebbe piaciuto diventare, quello di cui avevo paura. A volte non lo capisci, c’è come un intoppo, una corrente contraria, un ostacolo invisibile. Sei pronta a parlare e non lo fai, e non sai perché.
Non ho mai provato gelosia, ero felice. Ma capivo, che lui stava cominciando ad andarsene, la nostra infanzia meravigliosa perdeva le foglie.
«Augustin, mi parli così poco ormai.»
Lui restava in silenzio.
Gli tenevo la mano e lui ogni tanto piangeva. Soltanto un po’, una lacrima che scendeva di lato e si perdeva nei capelli.
Augustin aveva una luce negli occhi che portava lontano, in un mondo che avresti voluto esplorare.
La nostra infanzia è finita una domenica mattina.
Quel giorno capii molte cose, e altre decisi che non le avrei capite mai più.
Io non sono un angelo. Non volo, non sono capace. Mi muovo per le stradi di pioggia e mi bagno. Mi siedo sulla sedia libera nella stanza.
Non mi ricordo altre vite. Soltanto questa, la nostra vita.
Avrei voluto dirle che forse c’era ancora il tempo, che le cose a volte possono rimettersi a posto. In fondo si può perdonare.
Mamma sorrise e mi guardò. La malinconia le accarezzò il viso, così bello, segnato appena dalle rughe sottili. E io le accarezzai la mano.
E allora penso che il dolore è un compagno di cui non riesco a fare a meno, per non vivere, per continuare a vivere. È il senso stesso della misura di un passo, del corpo sul letto, della testa che si alza e si abbassa. È una linea che separa le fibre e rinnova il ricordo di un’altra vita. In cui il dolore non esisteva, non era pensato.
La bellezza del tempo trascorso non ha paragone, in qualsiasi bellezza. … In attesa di quella bellezza. Senza ricordo. Vivo.
E allora capisco quello che ho sempre saputo. … Le cose finiscono. Le persone finiscono. Il mondo. L’amore, il dolore, i piccoli gesti di ogni giornata. … Diventano minuscoli punti nello spazio. Molecole nell’universo.
Struggente, bello, e divertente allo stesso tempo.
Un libro che ha tutto: l’amore, la famiglia e un desiderio condiviso da tutti.
Una vita, tante vite. Tutti sotto lo stesso tetto.
Le cose che iniziano, le cose che si evolvono, i traslochi, la maturità, gli errori, i rimpianti.
Un libro che fa riflettere, sul tempo che passa, sulle decisioni che non si prendono, su quelle che si prendono, sui desideri che si lasciano nel cassetto e per i quali non ci si impegna abbastanza per realizzarli oppure perché si è impegnati a vivere la vita e a volte li dimentichiamo. O preferiamo che restino un desiderio e nulla più. Perché quando abbiamo un desiderio, un sogno, viviamo! Continuammo a vivere perché bramiamo affinché quel desiderio, quel sogno non ancora realizzato lo diventi.
Sarà Violette a raccontarci la vita della sua mamma e del suo papà, dei suoi fratelli Jean e Augustin e lo farà in un modo totalmente diverso. Con la sua innocenza, con la sua profondità di spirito. Perché Violette non è un angelo come dice lei, infatti non sa volare. Violette si siede sulla sedia libera e sta lì con loro, li osserva, li segue nei loro peregrinare mentre vanno incontro alla loro vita, coglie i loro pensieri attraverso le parole non dette, attraverso i silenzi i gesti e le lacrime nascoste. E ce lo racconterà, con gli occhi e lo spirito di una bambina dall’animo ingenuo.
Ad un certo punto, avrei voluto prendere Violette per mano, passeggiare con lei sulla spiaggia e farmi raccontare nuovamente la sua storia.
Voglio vivere una volta sola
di Francesco Carofiglio
Edizioni Piemme 2014 –
