Il 29 settembre 2025, Saint Laurent è tornato nella leggendaria location della Fontana del Trocadéro, con la scintillante Torre Eiffel come sfondo, e io ero lì. Seduta in prima fila, ho sentito l’aria notturna di Parigi riempirsi di un profumo inconfondibile: Opium, l’iconico parfum della maison. Non è stato un caso. Anthony Vaccarello, alla sua trentesima collezione per Saint Laurent, ha voluto che ogni dettaglio gridasse l’identità della casa che dirige dal 2016. E ci è riuscito in modo monumentale.
Il set si estendeva attraverso un vasto giardino alla francese eretto ai piedi della Torre Eiffel scintillante, e quando le prime modelle hanno iniziato a serpeggiare tra le siepi di ortensie bianche, ho capito che stavo assistendo a qualcosa di straordinario. Solo più tardi avrei scoperto che quelle siepi, viste dall’alto con i droni, formavano un gigantesco logo Cassandre. Un colpo di genio che ha fatto sussurrare “Wow” in tutta la platea.
Il giardino delle ortensie e le muse parigine
Il logo YSL ha assunto una connotazione romantica, reimmaginato come sfondo floreale fatto di ortensie bianche. Mentre le modelle avanzavano attraverso questo labirinto fiorito, ho notato Madonna seduta pochi posti più in là, insieme alla figlia Lourdes Leon, Charli XCX, Renée Zellweger e Charlotte Rampling. Ma le presenze che mi hanno fatto venire i brividi sono state quelle di Betty Catroux e Catherine Deneuve, arrivata al braccio di Jean Paul Gaultier. Vedere queste icone viventi della storia di Yves Saint Laurent ha amplificato la sensazione di essere testimone di un momento che trascendeva la moda.
Vaccarello ha spiegato nel backstage che il suo approccio era di essere il più YSL possibile, in modi sia sottili che grandiosi. E quando ha detto che voleva che chi lasciava lo show sapesse di non poter essere stato da nessun’altra parte, aveva ragione. Ogni fibra del mio essere mi diceva: questo è Saint Laurent nella sua essenza più pura.
Tre atti per un’unica visione della femminilità
Anthony Vaccarello sembra perseguire una visione dell’assoluto con ogni collezione Saint Laurent, spingendo spesso i limiti dell’audacia e della disciplina. Per questa Spring Summer 2026, ha orchestrato tre silhouette distinte ma complementari, ciascuna con la propria narrazione potente.
Il primo atto mi ha lasciata senza fiato. Lo show si è aperto con donne rivestite di armature in pelle, le loro sagome caratterizzate dalle ampie spalle in stile anni Ottanta. Vaccarello ha interpretato i leather daddies degli anni Ottanta a caccia di sesso nei Tuileries dopo il tramonto come una forma estrema di tough chic, con gonne matita strette in pelle, giacche da motociclista letali e giubbotti con maniche a palloncino. Dettagli sottili suggerivano influenze BDSM, mentre camicette bianche strutturate con lavallière creavano un contrasto sorprendente con l’atteggiamento feroce delle modelle.
Robert Mapplethorpe è ancora una volta il riferimento di questa nuova collezione donna. Il fotografo americano aveva scattato una campagna per la maison nel 1983, e quella stessa energia provocatoria permeava ogni look. Ho visto in quelle donne che camminavano con passo deciso attraverso il giardino poetico una banda di Mapplethorpe femminili rivestite di pelle, una contraddizione visiva che mi ha fatto trattenere il respiro.
La leggerezza della Rive Gauche e i venti di libertà
Poi è arrivato il secondo atto, e l’atmosfera è cambiata completamente. Sono arrivati i trench coat e gli abiti in tessuto da paracadute in colori vivaci, evocando lo spirito dei design Rive Gauche. C’era una truppa di eleganti ragazze Robert Palmer quasi nude sotto i loro trench filmy, realizzati in nylon vaporoso così leggero che Vaccarello mi ha raccontato potevano essere arrotolati e riposti in una sacca con zip come un impermeabile.
Questi abiti safari trasparenti e i trench ad alto collo in tonalità smeraldo, mora e zafferano mi hanno ricordato perché la linea Rive Gauche, lanciata da Yves Saint Laurent nel 1966, fu così rivoluzionaria. Questi capi giocarono un ruolo fondamentale nel democratizzare la moda prêt-à-porter, contribuendo all’emancipazione delle donne dell’epoca. Guardando quelle silhouette leggere, colorate, spensierate ma misteriose danzare nel giardino parigino, ho sentito soffiare venti di libertà sulla collezione.
Le duchesse in fuga e la teatralità del finale
Il terzo atto è stato puro teatro. Infine, un gruppo di duchesse in difficoltà, che correvano in abiti con balze e maniche a sbuffo. Ma non erano gli abiti d’epoca che potreste immaginare. Gli abiti principessa voluminosi e i loro tessuti tecnici hanno spazzato via ogni traccia di eccesso antiquato.
Vaccarello ha detto che questa è stata la prima volta che ha affrontato il lato storico dell’archivio Saint Laurent. Ha scoperto di recente i costumi che il leggendario fondatore aveva disegnato per Nan Kempner, Hélène Rochas e Jane Birkin per il ballo Proust del 1971, organizzato da Marie-Hélène de Rothschild. La sua mente è andata anche a “La Regina Margot”, uno dei suoi film preferiti con Isabel Adjani, ambientato nella Francia del XVI secolo.
Il risultato? Abiti Belle Époque teatrali in nylon vaporoso, che le modelle indossavano correndo lungo la passerella a velocità sostenuta. I loro strascichi fluttuavano con ogni loro passo potente. Questa energia ribelle, questo rifiuto di farsi intrappolare dall’opulenza regale, rappresentava perfettamente la donna Saint Laurent: mai prevedibile, sempre in controllo, eternamente affascinante.
L’eredità infinita di Yves Saint Laurent
Vaccarello ha recentemente scoperto un’intervista con Françoise Giroud, ministro della cultura francese negli anni Settanta, in cui descriveva la donna YSL come losca di giorno, contessa di notte. Questa dualità è esattamente ciò che ho visto sfilare davanti ai miei occhi: femminilità provocatoria in tutte le sue forme, dalla durezza del cuoio alla leggerezza eterea del nylon, dalla sensualità trasparente alla teatralità drammatica.
Quando Vaccarello ha detto nel backstage: “È una maison dove c’è così tanto da dire”, e che sente di avere ancora storie da raccontare, ho capito che questa trentesima collezione non era un punto di arrivo, ma una dichiarazione d’intenti. L’archivio Saint Laurent è inesauribile, e nelle mani di Anthony Vaccarello continua a parlare al presente senza mai perdere la sua identità storica.
Mentre lasciavo il Trocadéro, con la Torre Eiffel illuminata alle mie spalle e il profumo di Opium ancora nell’aria, ho realizzato di aver assistito a uno degli show più memorabili della stagione. Non solo per la sua spettacolarità scenografica, ma per la precisione con cui Vaccarello ha saputo catturare l’essenza di Saint Laurent: quella capacità unica di essere testimone e precursore dei cambiamenti sociali, di celebrare la femminilità in tutte le sue contraddizioni, di essere simultaneamente parigino e universale.

Il mio sport preferito è imbucarmi alle sfilate di moda.
Racconto con passione le tendenze che scandiscono il ritmo del mondo contemporaneo. Attraverso i miei articoli, esploro il connubio tra creatività e innovazione, dando voce a stilisti emergenti e grandi nomi della scena internazionale. Amo analizzare non solo gli abiti e gli accessori, ma anche i contesti culturali e sociali che ne influenzano l’evoluzione. Il mio obiettivo è offrire ai lettori insight esclusivi e storie appassionanti che raccontano il dietro le quinte delle sfilate, le ispirazioni dei designer e le nuove frontiere del design. Con uno sguardo attento e uno stile narrativo coinvolgente, trasformo ogni pezzo in un racconto unico, capace di ispirare e informare chi ama vivere la moda come forma d’arte e espressione personale.




































